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12-15 febbraio 1974  - 2024

In occasione dei 50 anni dal celebre convegno "Sui mali di Roma" fortemente voluto da Don Luigi, riportiamo qui un estratto delle sue considerazioni.

L’incontro dei cristiani di Roma: un discorso aperto

(…) Qui scopriamo la vera origine dell’incontro dei cristiani di Roma sulle attese di giustizia e carità svoltosi dal 12 al 15 Febbraio 1974. La città non è vista e sentita come il momento più significativo di un impegno e di una circolazione di valori comunitari; non è vista quasi mai come il supporto fisico murato dallo spirito di carità; è vista invece come luogo di consumo dei valori, di qualcosa che, non si sa bene chi, deve dare a tutti per le loro esigenze e per le loro aspirazioni. Religione di consumo e città come ambiente di consumo.

Da questa consapevolezza è nata l’idea e l’esigenza di un incontro, di tipo assembleare, che offrisse a tutte le componenti la possibilità della comunità diocesana di Roma, di una riflessione sulla città e sulla responsabilità, i doveri che, per ogni cristiano, scaturiscono dalla fede di fronte alla comunità. La mobilitazione e l’animazione di tutta la comunità ecclesiale romana è stato l’obiettivo di fondo del convegno, volendo costituire un risveglio interiore, personale e comunitario, da porre a monte di qualsiasi ulteriore applicazione operativa.

L’annuncio di un incontro dei cristiani di Roma sulla loro città fu accompagnato da un’analisi della situazione della città, analisi che ha avuto un’eco enorme ed ha suscitato interpretazioni e polemiche talvolta fuori posto. Il senso dell’analisi è ben diverso da una facile e sterile denuncia. Massicce deformazioni hanno sconvolto talmente l’aspetto fisico, sociale e morale della città di Roma, che i suoi abitanti trovano difficoltà a riconoscersi in essa. L’immagine di una città cresciuta troppo in fretta ed all’insegna dell’egoismo e della speculazione, presenta una densità di implicazioni e di problemi tali sul piano urbanistico e dell’assetto del territorio, sul piano dei trasporti e del traffico, su quello delle attrezzature e dei servizi civili, che il processo in atto rischia di dequalificare il modo di vivere di una popolazione, compromettendone il grado stesso di civiltà.

Se si cerca di superare il momento della denuncia pur necessaria se ordinata alla riconciliazione e alla conversione, e si affronta il discorso di una precisa ricerca della responsabilità, la pubblica amministrazione non può certo sottrarsi al riconoscimento di una sua insufficiente presenza; si individueranno i condizionamenti e gli indirizzi del potere economico protagonista di determinate scelte, ma si dovrà anche prendere atto che certe esperienze di sfruttamento perpetrate contro la città sono anche frutto dell’assenteismo e dell’egoismo di molti, di quella maggioranza eufemisticamente detta «silenziosa». Un silenzio che, se non è sempre consenso, è, comunque, una forma di apatia, di mancanza di vigilanza, di dimissione di responsabilità, di rinuncia all’impegno.

Tale situazione non può non essere analizzata se si vuole iniziare un’opera di rinnovamento e di riconciliazione per una città diversa, non attraverso discorsi moralistici, ma con profondi mutamenti di comportamento e di strutture sociali ed economiche.

È chiaro che si tratta di un punto di partenza, di un gesto profetico. Ritorna, nelle parole conclusive del Card. Poletti, la sottolineatura dello spirito dell’incontro e cioè «di esaminare, in ciascuno di noi e quindi anche comunitariamente, se nella città di Roma la Chiesa sia pienamente o no fermento di salvezza». Il Giovedì Santo 1971, in questa stessa chiesa, Paolo VI pose ai cristiani la domanda: «Possiamo noi dire che la Chiesa di Roma eccelle nella carità?».

Il discorso, allora, è e vuole essere un discorso di «conversione» e non di polemica sociale e politica. Vogliamo una città diversa, una città nuova, che appartenga a tutti perché fatta da tutti. Una città che sia la città del dialogo, tra i suoi cittadini, tra fede e tecnica, tra aspirazioni e impegni, tra Chiesa e città, tra vescovo e comunità cristiana locale, riscoprendo in questo dialogo la vocazione specifica della Diocesi del Papa di essere al servizio del dialogo con tutte le chiese locali sparse per il mondo.

Mons. Luigi Di Liegro

Da «La rivista del clero italiano», Marzo - Aprile 1974

Roma 19 febbraio - A cinquant’anni dal convegno sui “Mali di Roma”, il 19 febbraio presso l'Aula della Conciliazione del Palazzo Apostolico Lateranense, la Diocesi di Roma propone un nuovo momento di ascolto e di confronto dal titolo (Dis)uguaglianze.
L’evento vedrà gli interventi del cardinale vicario Angelo De Donatis, del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e del vice-sindaco di Roma Silvia Scozzese; di don Federico Corrubolo, docente di Storia moderna e contemporanea all’Istituto Ecclesia Mater; di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio; di Giuseppe De Rita, sociologo e fondatore del Censis; di Luigina Di Liegro, segretario generale della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro; di Pierciro Galeone, vicepresidente della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro; di Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma.

Roma, 28 dicembre 2023 - In questo articolo Luigina Di Liegro, segretario generale della Fondazione Di Liegro, mette in luce la "depressione natalizia" e l'importanza dell'assistenza a chi soffre di disagio psichico. Ricorda l'impegno di Don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas Diocesana di Roma, per il sostegno continuo ai bisognosi. Coglie così l'occasione per annunciare l'inizio dei corsi 2024 della Fondazione Di Liegro per formare volontari e famiglie nella rete di sostegno alla salute mentale.

“Credo che la nostra solidarietà sia semplicemente un canale attraverso il quale la gente deve accorgersi della solidarietà di Dio nei confronti dell’uomo. Credo alla celebrazione di Dio nei sacramenti, che infondo è celebrazione e contemplazione di questo amore infinito di Dio per l’uomo, soprattutto per l’uomo che si sente disperato, sconfitto anche dai conflitti e dalle tensioni della vita. E Dio ha mandato il suo figlio unigenito Gesù Cristo perché si incarnasse in questi problemi, si incarnasse in questa storia di disperazione e di speranza, per aiutare l’uomo ad accorgersi che Dio non è lontano, ma è sempre incarnato, è ormai un Dio presente, cioè un Dio che si fa servo dell’uomo”.

Don Luigi, 6 aprile 1990

Il Natale occupa un posto centrale nel pensiero e nell’azione di Don Luigi Di Liegro. Rimanda al mistero dell’Incarnazione di Gesù, attraverso il quale Dio entra nella storia delle persone, si rende visibile, si fa prossimo. A partire da questo mistero, Dio - per usare le parole di Don Luigi - non è più un principio astratto, un’idea, ma una realtà della quale è possibile fare esperienza. Dio lo puoi ascoltare, Dio lo puoi vedere perché si è fatto uomo in Gesù. L’umanità di Gesù è il volto di Dio. Questo mistero - che è al centro della fede cristiana insieme al grande mistero della Trinità, che è il mistero della relazione - non è però per don Luigi qualche cosa che riguarda solo Dio. Questo mistero del farsi prossimo di Dio nei confronti dell’uomo riguarda da quel momento in poi anche noi. Perché anche noi siamo adesso chiamati a farci prossimo, ad incarnarci, a portare l’amore dentro la vita concreta delle persone, nei loro bisogni, nelle loro domande. Che dobbiamo anzitutto discernere, saper riconoscere. Perché attraverso la nostra vicinanza, attraverso la nostra presenza, attraverso il nostro condividere, le persone possano anche oggi, lì dove sono, fare esperienza dell’amore di Dio che salva. Che salva ogni volta che la condivisione, la fraternità, prendono il posto della solitudine. Si capisce così perché per don Luigi la carità non sia mai stata solo questione di vestiti da offrire, di pacchi da donare. La beneficienza non basta a salvare le persone, è solo l’amore che salva. Ma l’amore di Dio per arrivare alle persone ha bisogno del nostro amore, della nostra presenza, della nostra incarnazione. La credibilità del Natale passa per ciascuno di noi.

Sansepolcro, 7 Dicembre 1996

Io ho partecipato volentieri a questa manifestazione perché credo che ne usciremo fuori con un incoraggiamento ad essere operatori di pace e a saper apprezzare il sacrificio che molti fanno per essere nella vita di tutti i giorni, operatori di solidarietà e giustizia. Il significato di questa celebrazione è un po’ quello di esaltare alcune figure che, certamente, non hanno solo parlato, ma soprattutto hanno dato la propria vita per la realizzazione di questo ideale altissimo, quale è quello della pace. Ideale altissimo, ma anche abbastanza evanescente: reputo che lavorare per la pace significhi innanzitutto, fare alcune prese di coscienza, prendere impegni che ci portano a saper, giorno per giorno, in tutti gli avvenimenti che ci toccano, o ci colpiscono, discernere un appello alla pace, inteso come diritto ma anche come dovere. Una presa di coscienza che ci porta anche a vedere non tanto teoricamente, (non perché non sono amante della teoria), ma concretamente i rapporti, l’interdipendenza che c’è tra noi e i fenomeni dell’ingiustizia, della disuguaglianza. Fenomeni, questi, che ci portano a verificare la situazione di non-pace che c’è nella nostra società e nel mondo.

Prendere coscienza della stretta dipendenza che c’è tra noi e gli altri significa capire che la pace dipende da tutti e certamente, che non si fa la pace con gli slogans. Dobbiamo saper promuovere una cultura di pace che dipenda dal discernimento della storia che noi stiamo vivendo. Significa cioè entrare negli avvenimenti della storia, di quest’epoca per poter vedere responsabilità in senso negativo e positivo. Responsabilità che ci toccano direttamente e, da questa presa di coscienza, da questo discernimento, nasce la cultura della pace, cioè la cultura del dialogo, la cultura dei rapporti. Non è la cultura classica, fatta di  nozioni o di tesi, che pure serve a far crescere in noi sensibilità, ma quella conoscenza di esperienze storiche e di un patrimonio storico che diventa per tutti un punto di riferimento. Basta passare qualche ora qui a Sansepolcro per vedere come questo patrimonio culturale e storico che si legge in questa città, sia essenziale per poter favorire una cultura umanistica, sull’Uomo. Dobbiamo però anche tener conto che siamo noi in prima persona a essere i fautori e i promotori di una cultura. Intendo questo come base per poter fare della nostra vita, una vita che si dedichi nel modo più radicale possibile, al servizio degli altri. Io credo che la pace non ci sia ancora, perché non c’è questa cultura del saper vedere nell’altro, non un nemico, un avversario, una persona da abbattere, ma la stessa dignità che io difendo in me stesso, vederci i miei stessi diritti. Si è parlato prima di questa grossa assemblea organizzata dall’ONU a Roma. Qui si era immaginato di definire come un diritto, il mangiare: uso questa parola perché c’è gente che non può mangiare, forse anche nei nostri paesi, nelle nostre città, sempre di più a Roma per esempio. Gli americani non sono stati d’accordo a definire il mangiare, l’alimentarsi un diritto dell’Uomo. Allora voglio dire che probabilmente il nostro impegno che nasce questa sera, e oggi viene alimentato e incoraggiato, è proprio questo prendere coscienza che l’Altro diverso da me ha gli stessi diritti che io ho: il diritto al lavoro, al rispetto, all’integrazione e direi, alla cultura, il diritto al rispetto della sua identità culturale, religiosa, sociale. Ci siamo dimenticati in questo che anche la Costituzione faceva del riconoscimento dei diritti un impegno per la garanzia dei diritti stessi.

Mi pare che in parlamento alcuni stiano lavorando per evitare di continuare a dichiarare che il lavoro sia un diritto di tutti, che la cultura sia un diritto di tutti: qualcuno sostiene che la Costituzione non può continuare a dichiararlo. Sappiamo che anche se enunciati, molti diritti sono quotidianamente violati. Sempre meno la politica è disponibile a garantire i diritti che sono scritti. Ma forse questi diritti sono scritti troppo in alto per evitare di sbatterci la testa e direi che ogni giorno noi dovremmo sbattere la testa là dove questi diritti fondamentali non solo, non sono garantiti ma, addirittura, si vuole rinunciare a riconoscerli per il futuro. Penso che esistano esempi concreti dove serve l’impegno di diffondere la cultura della pace: non mi riferisco solo all’immigrazione nel nostro Paese che porta tra noi differenze culturali, religiose, identità diverse che sono anche ricchezza culturale. Se prendiamo coscienza di questa ricchezza possiamo sconfiggere la paura che è il contrario della pace. Perché la paura fomenta la violenza. Siamo operatori di pace: ma cos’è che è avvenuto al Senato e poi in Parlamento dopo la dichiarazione o la promessa di regolarizzare 240.000 immigrati che avevano fatto domanda, cioè la proposta di vacatio legis che sarebbe stata la vergogna dello Stato Italiano nei confronti di tanti Paesi considerati in via di sviluppo? Siamo lontani dall’essere promotori di pace quando parliamo di queste diversità se ci provocano cambiamenti di mentalità. Nel nostro paese ho visto tanta gente che dice di appartenere alla cultura di sinistra e che poi su questo argomento dell’immigrazione si sbracano e allora, non si sa più cos’è la cultura della sinistra e non si riesce a capire nemmeno più che significa fede. Quando l’altro diverso da me non viene accettato, allora non posso continuare a dire che voglio la pace. Laddove le differenze sociali e soprattutto le differenze culturali, etniche, religiose non vengono accettate come una ricchezza, causano una provocazione alla solidarietà, un impegno di partecipazione al bene comune che è sempre il bene di ciascuno e di tutti. Ed io ritorno a Roma incoraggiato dalla testimonianza che oggi viene premiata nel senso più nobile della parola, perché credo che siamo più premiati noi che assistiamo a questa celebrazione di consegna di un premio, di quanti lo ricevono. Perché questa consegna di un premio non ha niente di retorico: ha semplicemente la motivazione di dire che ci vogliono testimoni come loro, per fare del mondo un mondo più pacifico, cioè più giusto e più solidale.

Don Luigi Di Liegro

Roma, 12 ottobre 2023 - si ricorda la scomparsa del nostro don Luigi, avvenuta 26 anni fa. In questa occasione si è tenuta la SS Messa sua in memoria, concelebrata dal vicegerente della diocesi di Roma Baldo Reina, dai vescovi ausiliari Benoni Ambarus – già direttore della Caritas diocesana, ora delegato per la Carità – e Riccardo Lamba – delegato alla Chiesa ospitale e in uscita -, ha partecipato anche l’attuale direttore della Caritas di Roma Giustino Trincia.

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica
Don Luigi Di Liegro, Fondatore e Direttore della Caritas romana, ha impresso segni che resistono al trascorrere dei decenni. Opere concrete che tuttora recano sollievo e conforto ai più bisognosi ed emarginati. Percorsi di amicizia e di condivisione sui quali tante persone, tanti giovani, si sono incamminati, seguendo il suo esempio. Testimonianze così forti e impegnative da rappresentare una sfida permanente per l'affermazione dei diritti di cittadinanza garantiti dalla Costituzione.
A 25 anni dalla morte, la sua instancabile opera di costruttore della solidarietà, di testimone tenace e coerente di quei valori umani che sono fondamenta di vita per la comunità rimane una ricchezza inestimabile per Roma e l'Italia.
Don Di Liegro ha offerto e chiesto a tutti condivisione. Ha indicato la dignità e i diritti dei più poveri come orizzonte necessario di un'autentica crescita sociale. Ha promosso l'incontro tra gli operatori della solidarietà affinché la loro rete e i loro valori fossero ben visibili alle istituzioni, alla politica, alla società. Rivolgo gli auguri più  calorosi per le iniziative odierne promosse dalla Fondazione e La prego di trasmettere un saluto cordiale a tutti i partecipanti al Convegno.

Roberto Gualtieri, sindaco di Roma
Don Luigi Di Liegro  è stata una persona straordinaria per la città, il Paese e  l'umanità. Una testimonianza profetica, di capacità di decifrare e leggere l'uomo, la presenza di Dio e il futuro nel presente  delle persone, come richiamo al senso di responsabilità delle persone e dei cittadini.
Di Liegro diceva che se non partiamo dai più fragili, anche i progetti più grandi falliranno e per questo noi, che abbiamo grandi opportunità di innovazione per rigenerare la nostra città con il Pnrr ed Expo, non riusciremo a coglierle se non partiremo dai diritti dei più fragili e dei più deboli. La città rimarrebbe più lacerata e ingiusta e non si riuscirebbe a modernizzarla.
Noi stiamo cercando nelle nostre politiche di essere coerenti con questa visione ma sappiamo che se dobbiamo fare di più, non potremo mai fare da soli, senza una rete di coprogettazione e attivazione che esprima le capacità sociali e civili di questa città di cui il lascito di Di Liegro  fa parte, rappresentando per noi e per i romani una risorsa
importantissima.

Erica Battaglia, Presidente della Commissione Cultura e lavoro di Roma Capitale
Si definiva semplicemente un prete, in realtà era molto di più: era Don Luigi, costruttore di reti solidali, pensieri radicali e  azione condivisa a sostegno di chi nella città vive un profondo disagio sociale. Nella giornata del 25esimo della sua morte, bene ha fatto la Fondazione che porta il suo nome a ricordarlo con un convegno presso la sala Protomoteca in Campidoglio. Non fu solo fondatore della Caritas di Roma, ma anche un forte stimolo ad un generazione di volontari e amministratori locali. Fu ideatore della prima rete per combattere l'emergenza sociale e propose un metodo di azione che andava oltre il mero assistenzialismo: si chiedeva infatti dove il 'sistema' aveva fallito per lavorare sulle cause delle disuguaglianze e dell'esclusione sociale. Nel famoso convegno sui 'Mali di Roma' mise nero su bianco i ritardi delle Istituzioni sugli interventi a
beneficio delle persone a forte rischio di esclusione sociale e sulle periferie. Era il 1974, ma quel richiamo al senso alto e utile delle Istituzioni vale sempre. Monsignor Di Liegro stimoli ancora tutti noi a 'stare attenti', come diceva lui. A sporcarsi le mani, a non privilegiare le oasi di pace, ma anzi i luoghi forti perché 'provocatori di solidarietà e interventi radicali'. Come consigliera comunale della Capitale devo molto a quelle parole spesso inascoltate dalla Politica e spero veramente che le sue parole e le sue opere diventino un patrimonio intimo di chiunque rivesta un incarico politico.

La vita di Don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas diocesana di Roma, rappresenta una delle pagine più alte della storia ecclesiale e civile della città del secondo Novecento. Ricordarlo, a 25 anni dalla sua scomparsa, significa ripercorrere una vicenda che intreccia l’impegno di cittadini, volontari e parroci, in un viaggio dentro la crescita di una coscienza civile in grado di rispondere ai bisogni di poveri ed emarginati. Il carattere innovativo e lungimirante dei servizi da lui creati ha modellato il welfare cittadino e del Paese, con l’attivazione di centri di ascolto, ambulatori, centri di raccolta e distribuzione di medicinali, ostelli e mense per le persone senza fissa dimora.

Una storia di giustizia, diritti e inclusione, che verrà esplorata il prossimo 12 ottobre nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, nel corso dell’evento ‘Don Luigi Di Liegro, l’attualità di una visione. 25° anniversario dalla morte’. In serata, presso la Basilica dei Santi XII Apostoli, verrà celebrata una messa in memoria di Don Luigi di Liegro, presieduta da S. Em. Card. Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e concelebrata da monsignor Riccardo Lamba, vescovo ausiliare della diocesi di Roma.

L’introduzione dei lavori è affidata a Paolo Conti, Consigliere della Fondazione don Luigi Di Liegro. A seguire gli interventi del S.E Mons. Angelo De Donatis, Vicario Generale di Sua Santità presso la Diocesi di Roma, di Roberto Gualtieri, Sindaco di Roma, di Maurizio Longhi, Presidente Banca Credito Cooperativo di Roma, di Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma e di Padre Sandro Barlone, Presidente Fondazione Di Liegro.

La prima sessione dei lavori è intitolata ‘Misericordia e verità s'incontreranno giustizia e pace si baceranno’ ed è moderata da Andrea Monda, Direttore de L’Osservatore Romano, e conterà sulla partecipazione di Toni Mira, Caporedattore di Avvenire, di Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità di Sant’Egidio, di Francesco Rutelli, ex Sindaco di Roma e di Claudia Terracina, giornalista.

Il titolo della seconda sessione è ‘Dai loro frutti li riconoscerete’, moderata da Paolo Conti, con Ruth Dureghello, Presidenta della Comunità Ebraica di Roma, Abdellah Redouane, Segretario Generale Moschea di Roma, Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa, Claudio Cecchini, Direttore Generale Opera Romana Pellegrinaggi, Carlo Costantini, Segretario della CISL di Roma, Francesca Danese, Portavoce del Forum Terzo Settore, Daniela De Robert, Componente del Collegio Autorità Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Leonardo Magnani, Presidente dell’Associazione Cultura della pace, Luca Pacini, Responsabile dell’Area Welfare e Immagrazione dell’ANCI, Giustino Trincia, Direttore della Caritas, Padre Camillo Ripamonti, Presidente del Centro Astalli e Luigina Di Liegro, Segretario Generale della Fondazione Di Liegro.

PROGRAMMA

Convegno "Don Luigi Di Liegro. L'attualità di una visione"
Campidoglio, Sala della Protomoteca

Ore 9,30 | 11,00 - Introduzione e saluti
Paolo Conti, Consigliere CDA Fondazione Don Luigi Di Liegro
S. Em. Card. Angelo De Donatis, Vicario Generale di Sua Santità Diocesi di Roma
Roberto Gualtieri, Sindaco di Roma
Maurizio Longhi, Presidente Banca Credito Cooperativo di Roma
Lorenzo Tagliavanti, Presidente Camera di Commercio di Roma
Padre Sandro Barlone, Presidente Fondazione Di Liegro

PRIMA SESSIONE DEL CONVEGNO "L'ATTUALITÀ DI UNA VISIONE"
“Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” - Sal 85,11

Modera: Andrea Monda, Direttore de L’Osservatore Romano

Intervengono
Toni Mira, Caporedattore Avvenire
Andrea Riccardi, Fondatore Comunità di Sant’Egidio
Francesco Rutelli. ex Sindaco di Roma e giornalista
Claudia Terracina, Giornalista

Ore 11,15 | 13,00 - SECONDA SESSIONE DEL CONVEGNO "L'ATTUALITÀ DI UNA VISIONE"

“Dai loro frutti li riconoscerete”  - Matteo 7,16/20

Modera: Paolo Conti, Consigliere CDA Fondazione Don Luigi Di Liegro

Intervengono
Ruth Dureghello, Presidente Comunità Ebraica Roma
Abdellah Redouane, Segretario Generale Moschea di Roma
Padre Camillo Ripamonti, Presidente Centro Astalli
Francesco Rocca, Presidente Croce Rossa
Claudio Cecchini, Direttore Generale Opera Romana Pellegrinaggi
Francesca Danese, Portavoce Forum Terzo Settore
Daniela de Robert, Componente Collegio Autorità Garante dei diritti delle persone private della libertà personale
Leonardo Magnani, Presidente Associazione Cultura della pace
Luca Pacini, Responsabile Area Welfare e Immigrazione ANCI
Giustino Trincia, Direttore Caritas

Ringraziamenti e saluti: Luigina Di Liegro, Segretario Generale Fondazione Di Liegro

Basilica dei Santi XII Apostoli - P.zza dei Santi Apostoli
Ore 19,00 - SS Messa in memoria di Don Luigi Di Liegro
Presieduta da: S. Em. Card. Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Il Gruppo Vocale RomEnsemble accompagnerà la S. Messa.

Anche quest’anno da oltre venti anni, il 12 ottobre, nella Basilica dei Santi XII Apostoli, si celebra una Santa Messa in memoria di Don Luigi Di Liegro, scomparso nel 1997, al San Raffaele di Milano, a 69 anni. Quest’anno la celebrazione eucaristica è stata presieduta dall’Arcivescovo Giampiero Palmieri, Vicegerente della Diocesi di Roma e animata dai musicisti della Chiesa San Patrick, alla quale hanno partecipato tante persone: giovani e anziani, amici e conoscenti, rappresentanti di associazioni e religiosi, ed è stata l’occasione per ricordare il “prete dei poveri”, o “della carità”, così come veniva spesso chiamato Don Luigi.

Nell’Omelia monsignor Palmieri ha richiamato tra l’altro, con grande efficacia, un aspetto della vita di Don Luigi, l’esperienza in Belgio. Era il 1958, era un giovane sacerdote trentenne, desideroso di conoscere dal vivo le condizioni degli emigranti italiani che lavoravano nelle miniere di carbone, e questo fu un insegnamento significativo e decisivo per il percorso pastorale del futuro Direttore della Caritas romana, che si completò con la conoscenza della JOC (la Gioventù Operaia Cristiana) e del suo fondatore. il belga monsignor Joseph Leon Cardijn, nominato Cardinale nel Concistoro del 1965 proprio per l’impegno nella JOC ormai diffusasi in tutto il mondo.

Inoltre la figura del “grande prete romano” è stata ricordata al termine della celebrazione eucaristica da Alessandro Romelli, ex segretario generale della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro, che ha ripercorso i momenti e gli atti salienti dell’impegno pastorale del sacerdote, che ha insegnato a essere operatori di giustizia e di carità, e ad essere capaci di affrontare concretamente i problemi per costruire il bene comune.

La Rai sulla Terza Rete, ha ricordato la figura di Don Luigi Di Liegro, nella trasmissione Blob, nel giorno della scomparsa con un video in memoria e le testimonianze di Don Luigi Ciotti, Fondatore di Libera, Sergio Zavoli, giornalista e ex Presidente della Rai, e  il Vescovo Ausiliario di Roma e già Direttore della Caritas romana, Guerino Di Tora, ove Don Di Liegro viene intervistato sulla questione dello sgombero della Pantanella del 1991.

Ecco perché ricordare il ”prete della carità” e interrogarsi sulla sua testimonianza pastorale è sempre un aiuto per chi si impegna per superare le diseguaglianze, sempre più presenti nella realtà romana. Nelle vicende che la vita riserva a ciascuno di noi, esistono situazioni complesse, come l’incertezza e la paura del futuro, il degrado morale e un diffuso disagio sociale, e di fronte a nuove povertà, conoscere la figura di Don Luigi Di Liegro può aiutarci a capire come superare le difficoltà che, tante persone, uomini e donne, incontrano quotidianamente.

Il “pensare” sul come riuscì ad affrontare le questioni, che ancora  oggi rappresentano motivo di tensione nelle grandi comunità urbane, e Roma è un esempio, significa  parlare di immigrati, di barboni, di senza fissa dimora, di ammalati terminali di Aids, di usurati, di disoccupati e oggi si sono aggiunti coloro ai quali la pandemia ha cambiato radicalmente le condizioni di vita. Si tratta di persone indubbiamente fragili, sulle quali Di Liegro nel suo impegno pastorale e caritatevole, profuse le sue energie per trovare soluzioni, ridando speranza e dignità a coloro che sono considerati gli ultimi, e come li chiama Papa Francesco, gli scartati della società.

“L’impegno cristiano e la territorialità” nel Convegno Diocesano del febbraio 1974, definito comunemente  “il convegno sui mali di Roma”, furono i temi fondamentali affrontati da oltre 5.000 partecipanti e circa 550 interventi, coinvolgendo tutta la comunità romana, ove Don Di Liegro fu protagonista e animatore favorendo successivamente la nascita della Caritas Diocesana di Roma di cui fu fondatore e primo direttore. Non è un caso che la Caritas romana, in oltre 40 anni di vita, sia considerata un pilastro fondamentale nella Capitale per l’aiuto ai meno fortunati.

In questo senso la testimonianza e l’azione sacerdotale di Don Luigi Di Liegro, ispirata da grandi sentimenti evangelici, nei confronti di coloro che si trovavano nel bisogno e nella sofferenza, divenne esempio non solo nella comunità cristiana, ma nella società civile, nelle istituzioni, nelle forze sociali e culturali. Ecco perché facciamo memoria: è stato “il prete    della carità”, un esempio che vive  nel ricordo e nelle opere di chi lo ha conosciuto e di chi ne ha sentito parlare.

In questo periodo un gruppo di amici del fondatore della Caritas di Roma, tra cui alcuni provenienti dalla Parrocchia di San Leone I al Prenestino, ritengono giusto avviare una raccolta di testimonianze su Don Luigi Di Liegro, e se possibile ipotizzare la procedura canonica delle Cause dei Santi.

Infine è doveroso ricordare che il 16 ottobre 1928 nasceva a Gaeta, Don Luigi, viene spontaneo ricordare il suo 93° compleanno, perché il suo spirito è sempre nel cuore di tante persone e il suo insegnamento è di grande attualità, anche nei momenti che sembrano privi di speranza.

Luciano Di Pietrantonio

Nel recente rapporto Caritas 2021 emerge la nuova povertà nella città di Roma. Nel 48,7% dei casi le nuove persone (7.476) che si sono rivolte ai centri parrocchiali sono italiane, seguite da filippini (16,3%), peruviani (4,9%), romeni (4,7%) e altre 97  nazionalità. Nel 64,4% dei casi, il rappresentante della famiglia che ha varcato per la prima volta la soglia del centro di ascolto è una donna. Il 54% dei nuovi iscritti sono al di sotto dei 45 anni. Cifre drammatiche ed eloquenti.

Chiunque sarà il nuovo sindaco di Roma dovrà immediatamente affrontare, tra le prime emergenze, quella della nuova povertà. Papa Francesco ricorda che «nessuno si salva da solo»: espressione perfetta come laicissimo monito per la ripartenza della città, per lasciarci alle spalle il disastro in cui ci dibattiamo.

Martedì 12 ottobre la Fondazione Di Liegro ha organizzato una messa celebrata dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della Diocesi di Roma, per ricordare a 24 anni dalla sua scomparsa monsignor Luigi Di Liegro, don Gigi per tutti, che fondò la Caritas Diocesana di Roma nel 1979.

Ha detto monsignor Palmieri: «Don Luigi Di Liegro aveva una visione profondamente biblica della città: luogo dove gli uomini vivono insieme, corpo collettivo a cui tutti siamo chiamati a partecipare. Un corpo vivo che chiede di essere onorato
da ognuno dei suoi membri».

Richiamo anche laicissimo. Roma può e deve ripartire ma non può e non deve lasciare indietro nessuno.

Dal Corriere della Sera del 18 ottobre 2021

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