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È stata Luigina Di Liegro, Segretario Generale della Fondazione che porta il nome del sacerdote scomparso ormai 24 anni fa, a dare il benvenuto ai partecipanti della XV edizione del Corso “Volontari e Famiglie in rete", dal titolo Un nuovo modello di comunità dopo la pandemia".

“È particolarmente significativo l’avvio di questo corso alla vigilia di due importanti ricorrenze: la Giornata mondiale per la Salute mentale e, a pochi giorni di distanza, l’anniversario della scomparsa di Don Luigi, il prossimo 12 ottobre”. ha dichiarato Di Liegro “Un momento in cui, insieme a voi, rinnoviamo il nostro impegno al fianco delle persone più fragili. Persone che hanno sentito maggiormente le conseguenze della diffusione del Covid 19 a causa dell’intreccio tra problemi di salute con quelli di natura sociale, ambientale ed economica. Una pandemia nascosta, quella del disagio psichico, a cui è urgente porre rimedio facendo leva sulla comunità e sul volontariato. In questi giorni le attività a sostegno della Salute Mentale della Fondazione Di Liegro, tornano a pieno regime con il Corso, ma anche con i laboratori di arteterapia, di musica e teatro. Per ritrovarsi dopo la dura prova della pandemia, in una comunità nuova e solidale.” – conclude – perché come diceva Don Luigi “Una città in cui un un solo uomo soffre meno è una città migliore”

Per l’edizione di quest’anno si sono prenotate oltre 100 persone, che potranno seguire il corso a distanza o in presenza. Un segnale da parte della Comunità di quanto questi temi siano sentiti da una larga parte della popolazione, che ha vissuto direttamente o indirettamente un disagio aumentato dal Covid. Un modo per la Fondazione di Liegro per rispondere alla richiesta di formazione e informazione sui temi della Salute Mentale.

I partecipanti all’edizione di quest’anno sono per la maggior parte donne e rientrano in una fascia molto ampia. Si ritrovano uniti da motivazioni simili, giovani studenti e pensionati più in là con gli anni, che vogliono mettere a disposizione degli altri il loro tempo libero e le loro competenze.

“L’esperienza ci ha insegnato come i diversi vissuti dei partecipanti diventano il punto di forza per la buona riuscita di ogni edizione” dice Tiziana Ceccarelli, responsabile del Corso “l’alta adesione di quest’anno e la grande voglia di fare comunità dopo la pandemia, sono senza dubbio le premesse migliori per una bella partenza “.

Il corso è aperto alla partecipazione di tutti coloro che vogliano ampliare le proprie conoscenze sul mondo della salute mentale e impegnarsi nella costruzione di una rete di supporto alle persone con disagio psichico e ai loro familiari: studenti, operatori dei servizi territoriali, volontari, familiari.

Per informazioni: tel. 06 6792669 – fax 0669920486; segreteria@fondazionediliegro.it

Venerdì 25 giugno, la nostra Fondazione interviene alla 2a Conferenza Nazionale per la Salute Mentale, dal titolo “Per una salute mentale di comunità”. L'evento, promosso dal Ministero della Salute, è in programma venerdì 25 e sabato 26 giugno 2021 in modalità streaming online.

A vent’anni dalla prima Conferenza Nazionale del 2001 e alla luce delle nuove sfide poste anche dalla pandemia, l’incontro costituisce un’occasione di dialogo e confronto fra istituzioni, operatori, associazioni e cittadini per progettare un sistema per la salute mentale universale, inclusivo, trasparente e partecipato.

La Fondazione Di Liegro prenderà parte alla sessione parallela in gruppi di lavoro dal titolo “Il ruolo delle associazioni di utenti, familiari e del volontariato nei servizi di salute mentale”. Nel corso del suo intervento, la dottoressa Anna Maria Palmieri illustrerà il ruolo del privato sociale per un sistema di cura integrato nella comunità e sul territorio. Un focus particolare sarà dedicato a priorità ed azioni, dal principio di sussidiarietà a un'effettiva integrazione socio-sanitaria, dall'attenzione alla fascia di età giovanile al rafforzamento delle prime linee dell’intervento sul territorio (medici di famiglia, scuola, consultori familiari), fino al sostegno delle famiglie e il coinvolgimento della comunità.

La due giorni si propone l’obiettivo di:

La realizzazione della Conferenza avviene a conclusione di un percorso di approfondimento sviluppato in oltre un anno attraverso i lavori del Tavolo Tecnico per la Salute Mentale istituito presso il Ministero della Salute, e diversi seminari tematici.

“L’analisi condotta dal Tavolo Tecnico ha messo in evidenza i punti di forza e le aree nelle quali il sistema di cura ha necessità di un intenso lavoro di manutenzione – spiega Fabrizio Starace, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell'AUSL di Modena e coordinatore del Tavolo tecnico sulla salute mentale - dai servizi di salute mentale per l’infanzia e l’adolescenza all’integrazione con gli interventi e le politiche sociali; dal più attento e tempestivo monitoraggio delle attività al rafforzamento del rapporto di collaborazione con le Regioni, per un efficace contrasto alle disuguaglianze di accesso e di trattamento sul territorio nazionale”.

Gli argomenti trattati nei seminari tematici saranno dibattuti nel corso dell’evento con speciali sessioni costruite a partire dalle centinaia di proposte e contributi raccolti. Tali sessioni saranno aperte alla partecipazione del pubblico che, attraverso la pagina web dedicata sul sito del Ministero della Salute, potrà accedervi e interagire con i relatori.

Tra le tematiche affrontate nei gruppi di lavoro che si riuniranno nel pomeriggio del 25: la qualificazione dei servizi, la salute mentale dei minori; le azioni preventive e la presa in carico nelle popolazioni migranti e nei contesti custodiali; il lavoro d’equipe, le professioni, la formazione; buone e cattive pratiche di presa in carico, inclusione sociale e sostegno alla vita indipendente; il ruolo delle associazioni di utenti, familiari e del volontariato. L’ultima parte della giornata sarà dedicata al Teatro Patologico, un’esperienza dall’alto valore sociale e artistico. I

I lavori della conferenza saranno aperti, il 25 giugno, dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, cui seguiranno gli interventi del Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, del Presidente del Consiglio Nazionale dell’ANCI, Enzo Bianco, del Presidente della Regione Molise e componente dell'Ufficio di Presidenza della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Donato Toma, e di Dévora Kestel, Direttore del Dipartimento Salute Mentale dell’OMS. Seguirà un momento dedicato alle testimonianze di utenti, familiari, operatori e strutture attive nel settore. A tenere le fila di questa narrazione sarà Massimo Cirri, conduttore radiofonico di Rai Radio2 – Caterpillar, e psicologo con un’esperienza di 25 anni nei servizi pubblici di salute mentale. L’esperienza italiana inserita nel contesto internazionale verrà presentata da Giovanni Leonardi, Segretario generale del Ministero della Salute, e da Benedetto Saraceno, Segretario generale del Lisbon Institute for Global Health.

Una tre giorni di webinar sul tema “Giovani e salute mentale: un bene in Comune”. È l'evento formativo organizzato dalla Fondazione Di Liegro, insieme ad Anci Lazio e Osservatorio per le Dipendenze e disturbi psichici sotto soglia, e con il contributo del Consiglio Regionale del Lazio, per contribuire a formare amministratori, dirigenti e funzionari degli Enti Locali su temi come, il ritiro sociale, le dipendenze da sostanze, l’uso e l’abuso delle nuove tecnologie. L'obiettivo è quello di incidere sulle politiche e sull’organizzazione di attività di prevenzione e promozione del benessere psicosociale dei cittadini più giovani e delle loro famiglie.

Il webinar “Giovani e salute mentale: un bene in Comune” intende infatti sottolineare l’importanza del benessere psicologico dei cittadini, in particolare quello dei giovani, soprattutto in questo momento legato alle difficoltà date dalla pandemia. L'emergenza Covid-19 ha colpito non solo la salute fisica ma anche quella mentale, scavando nelle fragilità e nelle difficoltà e rendendo ancora più difficili tante realtà che, troppo spesso, passano sotto traccia”. Per questo si rende necessario pensare a politiche capaci di unire il contributo degli attori istituzionali, dei servizi sociali e delle agenzie educative, a quello dei servizi specifici di salute mentale in una dinamica di valore complementare, come ha sottolineato presentando l'evento Lina Novelli, delegata al Welfare e alle Politiche Sociali di Anci Lazio.

La Fondazione Di Liegro lavora dal 2006 con istituzioni pubbliche e private alla promozione del benessere psicosociale, la prevenzione del disagio psichico e la diffusione della cultura e della conoscenza della salute mentale. Nel corso del tempo,   ha spiegato il segretario generale, Luigina Di Liegro, questo impegno si è focalizzato in particolare sul disagio giovanile.

Nel corso del tempo, questo impegno si è focalizzato in particolare sul disagio giovanile. L’esperienza quotidiana ci dice che le dipendenze da sostanze e quelle comportamentali patologiche nei giovani rappresentano un’emergenza sociale.Proprio insieme alll’Associazione Osservatorio per le Dipendenze e disturbi psichici sotto soglia, presieduta dallo psichiatra e psicoterapeuta, Alessandro Vento, la Fondazione collabora a un progetto che, attraverso la scansione sistematica del web da parte di un software, identifica la presenza di Nuove Sostanze Psicoattive messe in vendita su internet.

GIOVANI E SALUTE MENTALE: UN BENE IN COMUNE - IL PROGRAMMA

Martedì 13 aprile 2021 ore 15:00- 16:30
“La promozione della salute mentale in adolescenza. R-esistere alla pandemia”
Alessandro Vento, Psichiatra, Responsabile dell’ Osservatorio Dipendenze e Disturbi Psichici Sottosoglia.

Martedì 20 aprile 2021 ore 15:00 – 16:30
“Ritiro sociale e abbandono scolastico in adolescenza”
Ignazio Ardizzone, Neuropsichiatra infantile, Responsabile Ambulatorio psichiatrico di Neuropsichiatria infantile Policlinico “Umberto I” di Roma.

Martedì 27 aprile 2021 ore 15:00 – 16:30
“La dipendenza tra vecchie e nuove sostanze”
Alessandro Vento, Psichiatra, Responsabile dell’ Osservatorio Dipendenze e Disturbi Psichici Sottosoglia.

La Fondazione Di Liegro è tra i promotori del “Veglione dell’Intercultura”, in programma mercoledì 30 dicembre a partire dalle ore 21.30, insieme ad alcune organizzazioni che si rifanno al grande insegnamento di don Luigi di Liegro, come il Centro studi e ricerche Idos, il Centro didattico interculturale Celio Azzurro, l'Asilo Munting Tahanan – Center for Filipino Migrant Workers e il Gruppo Welcome Parrocchia S. Pio X.

L'iniziativa, che a causa della pandemia per la prima volta si svolgerà online, rappresenta l'occasione per salutare l’anno vecchio e aspettare l’anno nuovo in una maniera diversa, alternando musica, canti e testimonianze su quale valore dare oggi a concetti come diversità, dialogo, integrazione, convivenza tra italiani e immigrati.

"Il panorama attuale non deve far dimenticare quello che è stato e ancora potrebbe essere l’impatto di una strategia interculturale" ha ricordato presentando l'evento Franco Pittau, fondatore con don Luigi Di Liegro del Dossier statistico immigrazione.

Al Veglione dell’Intercultura interverranno tra gli altri il segretario generale della Fondazione Di Liegro, Luigina Di Liegro, e la sociologa Carla Collicelli, con una riflessione dedicata a don Luigi.

Ci sarà anche un ricordo di Lidia Pittau, scomparsa recentemente, dopo una vita dedicata insieme al marito Franco alla convivenza e alla mediazione interculturale. Verso la metà degli anni ’80, sollecitata da don Luigi Di Liegro, Lidia Pittau lasciò il lavoro professionale e si dedicò interamente alla Caritas diocesana, dove, divenne, a titolo di volontariato, la prima responsabile dell’Area Immigrati della Caritas diocesana e poi del Settore Intercultura. A lei si deve, negli anni '90, Il “Forum dell’Intercultura”, un programma d’azione sostenuto anche da istituzioni nazionali e cittadine, che coinvolse, a Roma specialmente, il mondo della scuola e aiutò a riconoscere i cambiamenti in atto intervenuti e la necessità di una convivenza armoniosa con gli immigrati.

L'evento sarà trasmesso in diretta streaming il 30 dicembre alle 21.30 sul canale YouTube del Centro studi e ricerche Idos: https://www.youtube.com/channel/UCLUZ-s79pzSBt40SAmyJB2A/videos.

Il XIV corso di formazione della Fondazione Di Liegro "Dall’isolamento alla resilienza" si è concluso con un’ampia panoramica condotta dal dottor Michele Di Nunzio, psichiatra psicoterapeuta e criminologo, sul tema "Il ruolo del volontariato: riflessioni, metodologie, esperienze". Un racconto in prima persona, da un operatore che considera il volontariato un contributo “di fondamentale importanza” nel campo della salute mentale.

Punto di partenza: nell’esperienza del volontario fare del bene agli altri è un effetto secondario, successivo all’azione prioritaria che è quella di fare del bene a se stessi. Io sto facendo qualcosa che, facendomi sentire meglio, accrescendo la qualità della mia vita, mi metterà in condizione di produrre relazioni propositive, costruttive, funzionali anche per l’altro.
La mia serenità è fondamentale. Nei momenti di malumore mi è utile il ricordo, il collegamento con le ragioni che mi hanno condotto a questa scelta.

Il volontario, come chiunque operi in un settore ad alto impatto emotivo come il volontariato e sia per questo molto esposto al logoramento, deve mettere in conto la necessità di fare costantemente la "manutenzione di se stesso", che significa tornare a capire "quello che faccio e perché lo faccio".

Questa azione di consapevolezza ha un nome: meta-cognizione. Si può sviluppare con qualche suggerimento: tenere un diario, leggere molto, ascoltare molto, accogliere ogni occasione ludico-ricreativa che includa una componente emotiva, conoscitiva, razionale, intellettuale. In questo, cinema e teatro sono preziosi.

Può capitare spesso che un volontario della salute mentale incontri persone scontrose, diffidenti, addirittura ostili. L’altro che ci tratta male è qualcuno che ci percepisce come più potente, ha paura di noi e pertanto si difende. Le chiavi per risolvere questo tipo di situazione sono l’umiltà, l’ascolto, la comprensione, l’umana curiosità. Chiavi che sono preziose anche quando l’altro che incontriamo ha scelto di non vivere, di chiudersi in se stesso, come risposta alle paure non risolte che nella stragrande maggioranza dei casi sono all’origine del disagio psichico.

La persona di cui il volontario si prende cura ha necessariamente una ‘diagnosi’, che però non la descrive nella sua interezza. Bisognerà farsi raccontare la sua vita, prima dagli operatori poi da lei stessa, quando vorrà, se vorrà, come vorrà.
Uno dei cimenti maggiori nei quali il volontario può applicarsi è mediare tra le antiche paure tuttora cogenti e la bontà del mondo, che pure esiste. Saranno le piccole cose che rappresentano per tutti il tessuto della vita, alle quali diamo poca importanza ma che riempiono gran parte del nostro tempo, a favorire la riapertura al mondo.

Il volontario è quindi 'ingenuo', fa domande, svela cose che gli operatori nella loro routine hanno perso di vista. La sua ‘sprovvedutezza’ come d’altra parte la diversità del suo bagaglio lavorativo e professionale sono contributi importanti per il settore della salute mentale.
E infine c’è la ‘valorialità’, perché i valori, gli ideali qualificano enormemente la nostra esistenza. Ed è difficile che il volontario sia arrivato a questa scelta senza aver avuto una formazione valoriale.

Photo by Gustavo Fring from Pexels.

Ci sono due tipi di trauma, Big-T e Small-T.

Come ha spiegato la psicologa e psicoterapeuta Silvia Pepe, nel corso del quinto incontro del corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la salute mentale", al primo appartengono eventi di grande portata, anche collettiva, che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care, come abusi, incidenti gravi, disastri naturali. Al secondo, si riferiscono esperienze ed eventi di vita emotivamente stressanti che lasciano segni indelebili sul senso di sicurezza e di fiducia.

La ricerca scientifica ha dimostrato che i due tipi di trauma, seppure molto differenti, dal punto di vista emotivo determinano una reazione pressoché analoga e gli stessi sintomi: disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e di memoria, mancanza di energia, irritabilità, chiusura.

Il COVID-19 è al contempo un trauma Big-T e Small-T, individuale e collettivo. Separa un prima da un dopo: è impensabile immaginare che la vita possa restare la stessa. Non c‘è difesa possibile. Ci sentiamo sovrastati da un evento più grande di noi. Siamo passati da una situazione di potenza a una di impotenza.

In una guerra si conosce il nemico, con il virus il nemico è sconosciuto, per difenderci c’è solo il confinamento, la rinuncia alla socialità, al rapporto fisico con gli altri. La pandemia ha cancellato persino i rituali che accompagnano il lutto e ne attutiscono il dolore.

In questo quadro, più della paura che si può affrontare e vincere, ci assale l’angoscia che viaggia nel mondo dell’ignoto.
Come reagire?

Anche isolati nel lockdown possiamo sperimentare la libertà in modo diverso: con la solidarietà e la connessione con l’altro attraverso strumenti nuovi che ci consentano di superare i limiti imposti a livello individuale e collettivo.

Il trauma porta con sé una “forza misteriosa”. Esistono crescite post traumatiche, pericoli e rotture che diventano opportunità, resilienze. Il gruppo è un potente sistema, bisogna ripartire dalle relazioni. Per combattere contro l’angoscia del futuro restiamo nel “qui e ora”, seguendo regole semplici come mangiare e dormire in modo regolare, parlare con la famiglia e gli amici, fare esercizio fisico e attività che aiutano a rilassarsi, ascoltare musica, leggere. E trovare il modo di aiutare gli altri in una nuova fratellanza.

Photo by cottonbro from Pexels

“La resilienza come strumento di salute mentale” è il titolo del quarto appuntamento del corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la salute mentale", relatore lo psichiatra José Mannu.

La "resilienza" non è un termine che nasce in ambito psichiatrico - ha spiegato Mannu nel corso del suo recente intervento al Màt Modena, Settimana della Salute Mentale - ma proviene dall’ingegneria, e indica la capacità di un materiale di assorbire energia elasticamente, quando sottoposto a un carico o a un urto, prima di giungere a rottura.

Per comprendere l’utilizzo della parola resilienza nell’ambito della salute mentale, è opportuno ripercorrere la storia della psichiatria. Nel ‘700 Philippe Pinel suggerisce che i folli siano considerati persone e che la follia sia solo follia parziale. Il folle ha dunque una parte sana, che deve essere liberata dalla malattia, attraverso il “trattamento morale”. Cioè sviluppare la parte sana attraverso l’educazione, la persuasione e la disciplina dell’individuo. Nascono così i manicomi.

Durante la seconda Guerra Mondiale, Wilfred Bion suggerisce di allearsi con la parte sana per combattere insieme quella malata. Questa alleanza avviene nella comunità, un luogo dove la follia potesse esprimersi liberamente, e non come in manicomio.

Con l'esperimento di comunità realizzato a Gorizia, negli anni ’60 Franco Basaglia sostiene che l'esistenza stessa di un luogo in cui la follia possa esprimersi causa una cronicizzazione della malattia. Per questo, secondo Basaglia, la cura non può avvenire in un luogo, ma nel territorio dove una persona vive. Si tratta di un cambiamento culturale nella psichiatria, una vera rivoluzione.

All’alba degli anni 2000, la Teoria della Capacità impone una nuova visione della “parte sana”, che si esprime attraverso la capacità e il funzionamento della persona. Il benessere individuale nasce dalla relazione. Diventa dunque necessario vedere dove le persone sono in grado di agire, dove “funzionano”, cioè la reale opportunità di intraprendere un'attività e la reale voglia di essere ciò che si vuole essere.

Tornando alla resilienza, possiamo dire che questa esplora i modi in cui gestire una natura (o un tessuto economico/sociale) che non è in equilibrio. Secondo la definizione di Michael Ungar, “Più che un set di caratteristiche individuali, sono le strutture intorno alla persona, i servizi che la persona riceve, il modo in cui è strutturata la sanità, tutti questi si combinano con le caratteristiche della persona che permettono di far fronte alle avversità che affrontano e trovare strade verso la resilienza”.

Solo chi ha la memoria è in grado di vivere nella fragilità del tempo presente. Lo ha spiegato il filosofo Pierangelo Di Vittorio, sabato 24 ottobre, durante il terzo incontro del corso di formazione “Volontari e famiglie in rete per la salute mentale”, dal titolo “Le relazioni sociali, un nuovo paradigma”, in un excursus tra arte, letteratura, filosofia e cinema.

C’è un valore d’uso della Storia: il presente deve rileggere costantemente il passato, farlo a pezzi per riattualizzarlo. Il monumento è il grado zero del valore d’uso, non serve alla vita, ha affermato Di Vittorio sulla scorta di Nietzsche. Solo smontando e rimontando il passato può nascere qualcosa di nuovo.

Ma cosa fonda il legame sociale nel corso della Storia? Secondo una certa cultura, l’uomo agisce razionalmente perseguendo il proprio utile, e la coesione sociale nascerebbe dal gioco regolato degli interessi individuali.

E se invece fosse un “trauma”, personale o collettivo, a rendere possibile un legame fra gli uomini? Pensiamo a Edipo che, nel cercare di rispondere alla domanda “da dove vengo? chi sono?”, scopre l’orrore della propria storia. La democrazia ateniese rifletteva su se stessa attraverso le tragedie, ed è forse è sempre intorno a un trauma che una comunità si raccoglie.

Sul tema della “follia” c’è stata, da un lato una caduta di interesse sociale che ha riportato ai margini i malati mentali, mentre dall’altro, nel delirio capitalista in cui siamo presi – secondo Pierangelo Di Vittorio –, la follia è “messa al lavoro”: lo scatenamento pulsionale (droghe, eccessi di ogni genere, violenza) diventa la leva per incrementare la produzione, per produrre ricchezza.

C’è bisogno che la follia torni a risuonare nella società. La società deve riconoscere, non solo che la follia le appartiene, ma anche che svolge un “servizio pubblico”: ritrovando le tracce del legame sociale lacerato e perduto, può offrire la possibilità di un vivere comune più ricco e fecondo.

Come dimostra l’esperienza di Basaglia, tuttavia, per creare un legame sociale bisogna prima riconoscere l’“altro” come un avversario legittimo. Dinanzi agli internati di Gorizia, che contestavano il riformismo della comunità terapeutica, il gesto umanitario di Basaglia ha dovuto farsi politico, prima accogliendo la loro contestazione, poi diventando un loro alleato nella lotta per il superamento del manicomio.

È da questo esempio che si può ricominciare.

La biografia “Franco Basaglia”, di Mario Colucci e Pierangelo Di Vittorio

Prima di analizzare le relazioni sociali, è bene occuparsi del nuovo paradigma. Ma come va costruito questo “nuovo”? È la domanda da cui partirà il filosofo Pierangelo Di Vittorio, nel terzo appuntamento del corso di formazione “Volontari e famiglie in rete per la salute mentale”, in programma sabato 24 ottobre, presso la Fondazione Di Liegro.

La risposta – secondo Di Vittorio - è nel mettere insieme pezzi di passato, nella forma di archivi culturali, e pezzi di presente, cioè diagnosi sui problemi e le tensioni che attraversano l’attualità. Una specie di mosaico, formato da tasselli su cui Di Vittorio lavora da tempo, raccolti a partire dalla questione delle relazioni sociali.

Ed è come in un mosaico che si comporranno i temi dell’incontro, tra il filosofo Walter Benjamin e il presente che ha “il potere delle chiavi sulle stanze del passato” e lo scrittore e filosofo Michel Foucault, che si è occupato della pazzia sin dalla sua tesi di dottorato “Storia della follia nell’età classica” e proprio sulla follia ci ha invitato a interrogarci, perché “dall’uomo al vero uomo, la strada passa per l’uomo pazzo”.

Durante l’incontro si parlerà inevitabilmente di Franco Basaglia (con cui Pierangelo Di Vittorio venne indirettamente in contatto quando dopo la laurea svolse il servizio civile presso il Dipartimento di salute mentale di Trieste) e della sua decisione di intraprendere la strada dell’invenzione e della cura del legame sociale. Si legga a tal proposito la monografia "Franco Basaglia", scritta con Mario Colucci, uscita nel 2001 e recentemente riedita.

“Iniziata nel segno di un amore per il sapere, nel segno della filosofia, l’esperienza di Basaglia si è sviluppata come un rapporto d’amore nei confronti dei pazienti, per realizzarsi infine nella costruzione di un altro modo di vivere insieme. Un vivere comune più giusto e fecondo – ha scritto Di Vittorio sulla rivista “Aut Aut” nel 2017 – di cui la società italiana e il mondo intero portano ancora la responsabilità e l’attiva speranza”.

Quante volte sentiamo rivolgere un banale “Come stai?”, seguito spesso da un altrettanto banale “bene, grazie”? Infinite volte. In realtà, in questa domanda c’è una proposta di relazione dietro la quale possono esserci moltissime sfumature che portano ad entrare in rapporto con un’altra persona.  E se, ad esempio, quell’altra persona è un malato senzatetto che sta soffrendo in strada le conseguenze del lockdown e ha perso quel poco di apertura relazionale che si era costruito arrivando a trascurare del tutto il suo stato di salute e il suo malessere, quel ‘come stai’ (o anche un ‘come va’ o un ‘che si dice’) può diventare il primo passo verso l’avvicinamento alle strutture sanitarie.

Così è cominciato Tu come stai? Distanziamento, isolamento e solitudine, il secondo incontro del corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la salute mentale" della Fondazione Di Liegro. Relatore, il Dott. Massimiliano Aragona, psichiatra, psicoterapeuta e filosofo, coordinatore del SIMM, gruppo “Salute mentale e Immigrazione” della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni.

Inevitabilmente, il COVID-19 è stato al centro del suo discorso e degli interventi dei partecipanti in presenza e in rete, volontari e persone attive nel Terzo settore.
Anche dentro le case il lockdown totale ha rappresentato un shock, il cambiamento del nostro stile di vita che non concepiva il distanziamento sociale, il divieto del rapporto fisico.  Molti ne hanno sofferto profondamente, ma non sono stati pochi quelli che ne hanno apprezzato alcuni aspetti: le città e l’aria più pulite, il traffico cancellato, le file rispettate, i cinema vuoti.

Conferma che in ogni situazione – anche in quella che 60 milioni di italiani stanno vivendo contemporaneamente, ognuno a suo modo – esistono fattori di resilienza, opportunità inaspettate che, se prese dal lato giusto, possono portare a sviluppi positivi. Per esempio costringerci a porci la domanda: “Che cos’è veramente importante nella vita?”.

Ma in definitiva, il lockdown ha migliorato le cose nelle comunità, famiglia in primis, in cui le cose andavano bene e peggiorato in quelle in cui andavano male.
Sorprese sono arrivate da diverse persone affette da particolari disturbi mentali, che hanno vissuto bene la condivisione delle regole con tutti gli altri.

Nella crisi il Terzo settore ha continuato ad essere presente, dimostrando quanto sia importante nella società.
Il Servizio pubblico nel suo complesso ha avuto molti problemi. La pandemia è stata uno stress-test per un sistema che ha mostrato le sue falle. Strutture sanitarie preposte alla cura delle malattie mentali davanti alla minaccia del virus hanno serrato le porte: i pazienti che erano fuori non sono potuti entrare, quelli che erano dentro non sono potuti uscire, restando chiusi insieme ai sanitari per un mese/un mese e mezzo, lontani dalla famiglia, spesso senza spiegazioni su quello che stava accadendo. Alcuni hanno sopportato bene, altri no.

E adesso c’è la seconda ondata. Bene o male la aspettavamo tutti e sapevamo che dovevamo prepararci, ma eccoci ancora tutti nella stessa barca con l’ansia che sale.
È una fase diversa. Probabilmente non ci sarà un secondo lockdown totale, letale per l’economia, ma mancano indicazioni e regole chiare per tutti e toccherà a ognuno di noi il compito e il peso di cercare i comportamenti giusti.

Ascolto, orientamento e informazione per i
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