La realtà del malato di mente

malato di mente

La realtà del malato di mente è oggi caratterizzata da una drammatica condizione: quella di essere elevato a dignità di persona libera sul piano formale, del diritto e nello stesso tempo di essere per lo più abbandonato sul piano assistenziale da parte dei servizi pubblici e della solidarietà collettiva.

I motivi dell’abbandono ineriscono a una pluralità di cause che sono insieme politiche, economiche, culturali e psicologiche e concernono la stessa gestione organizzativa e attuazione pratica e programmatica dei concetti di riforma, per quanto avanzati e nobili nella loro essenza e intenzione.

Siamo oggi testimoni inerti di uno stillicidio quotidiano di casi di malati di mente di cui si conosce il calvario e la cui sofferenza – ma non dimentichiamo quella dei loro familiari – è acuita dall’inefficienza e indifferenza dell’universo sociale che si è fatto ad essi più vicino ma non ancora “prossimo”.

Sappiamo che limitarci a parlare in termini ideologici pro e contro la Legge 180 appare vano esercizio dialettico che rimuove il problema del sofferente psichico più che promuovere una tensione innovativa per la sua integrazione ed assistenza. Mantenere alta la soglia della tensione, la coscienza del problema del malato di mente è oggi un compito di testimonianza che tocca ognuno di noi.

Questa opera di testimonianza deve essere oggi tanto più praticata proprio per il venir meno di una nuova mobilitazione di coscienza e di opinione pubblica. Tale impegno presenta, inoltre, una peculiarità connotativa: al centro dell’attenzione vi è anzitutto la persona con il suo punto di vista e suoi bisogni e poi le soluzioni istituzionali che possono essere mutabili e sostituibili nel tempo.

L’abolizione dei manicomi, se per qualcuno è slogan politico, per non credenti è atto di fede ed esperienza da rendere possibile, quando contemporaneamente siano preparate le indispensabili strutture alternative e di supporto previste dalla legge.

Spessissimo è praticamente ricaduto sulle sole famiglie l’onere dell’accettazione del loro malato di mente dimesso, mancando per lo più i rapporti di vicinato. Le famiglie ricche hanno talvolta risolto il problema ricoverando l’ammalato in costose cliniche. Le famiglie povere hanno pagato e pagano di più. Erano impreparate e non aiutate ad accogliere il familiare dimesso. Va anche aggiunto che per molti malati mentali i legami familiari erano ormai eliminati.

In pratica ci si trova di fronte a persone che sono passate dal calvario del manicomio al calvario di chi si perde nella città. E ciò riporta ad affrontare i problemi sociali connessi a ogni forma di emarginazione e che sono al di là della psichiatria.

Don Luigi Di Liegro – 1984

Disagio psichico e salute mentale: sosteniamo e diamo dignità a persone esposte alla solitudine e all’abbandono

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